DA SAN FRANCISCO A TAHITI E HUAHINE
Agosto 2019
Volo tranquillo da San Francisco a Papeete, 5 ore e mezza tutto sommato passano velocemente. Arriviamo a Tahiti che è già buio. Sono circa le 20. Dall'anno scorso l'aeroporto è stato rimodernato, ora sembra un vero aeroporto e mentre si fa la coda per il controllo passaporti, si costeggiano delle vetrine di una sorta di “mini-museo”, dei manufatti dell’arte locale. Prima era un aeroporto molto più semplice con un bar bruttino, sedie sparse e tutto aperto, così respiravi subito l’aria della Polinesia, forse lo preferivo... e domani partenza per Huahine.
HUAHINE
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| Bar ristorante Hotel Le Mahana |
Mentre ero in volo da Papeete a Huahine pensavo: “dove comincia la leggerezza di queste isole?” E ho capito che comincia da subito, dal volo in aereo. Si, perché la sensazione di alzarsi, con così poco sforzo (dopo essere stata sui grossi aerei dei voli transoceanici) mi fa pensare di essere sul tappeto di Aladino, mentre sorvolo a bassa quota le diverse isole.
La prima tappa è Huahine. Ci eravamo già stati lo scorso anno, ma complice un’indisposizione congiunta (del resto, dopo 40 anni siamo diventati simbiotici nel bene e nel male 😂) avevamo visto ben poco e a me era rimasta nel cuore, così articolata (divisa in due isole unite da un piccolo ponte) ricche di insenature, di scorci paradisiaci, di spiagge bianche, di vegetazione lussureggiante e di magiche leggende, lontana dalla mondanità delle più famose Moorea e Bora Bora ma per questo, per me, più affascinante
Iniziamo subito alla grande con una escursione in barca, che è stata uno spettacolo di colori sopra e sott’acqua. Abbiamo nuotato con gli squali pinna nera che ci sfrecciavano di fianco (un po’ inquietante, ma non potevo certo restare sulla barca io che amo tutto del mare) e con una quantità di pesci colorati da acquario molto incuriositi dalla gopro. Abbiamo mangiato letteralmente ‘pieds dans l’eau’ il poisson cru aux lait de coco, e ci siamo tuffati in un’infinità di azzurri...
Così è cominciata la nostra vita lenta, scandita dai ritmi e dai suoni della natura e dalla scoperta delle stelle ancora poco familiari... Qui alle 21, è buio buio e tutto tace e cosi si dorme presto, anche perché alle 5.30 tutti i galli dei dintorni annunciano il sorgere del sole.
Dopo la gita in barca, noleggiamo un motorino, del resto, dopo averla vista dal mare, dovevamo ben esplorare l’interno!
Capitiamo in un angolo remoto, in fondo a una penisola lunga e stretta che si protende nel mare turchese. Lì troviamo quel che resta del vecchio Sofitel, uno scheletro in disfacimento, con anche una piscina piastrellata con disegni di pesci tropicali (che assurdità, penso, una piscina in un posto come questo, a dieci passi dal mare).. la baia è veramente splendida, con piccole spiagge bianche e contornata da montagne ricoperte di vegetazione superba. Scopriamo che in quel posto, degli americani vorrebbero costruire un nuovo hotel con 70 bungalow overwater, e che i locali sono imbestialiti e si oppongono. Speriamo che tengano duro, penso, perché sarebbe un vero scempio... però mi chiedo anche perché non abbattano quel rudere che doveva essere stato un bell’albergo ma che ora fa un po’ tristezza.
Arriviamo a Fare (la capitale) mentre sta per partire una gara di canoe polinesiane (quelle col bilanciere da una parte, per intenderci) che fanno parte dell’Heiva (un’insieme di competizioni con diverse discipline) di Huahine.. Ci fermiamo a seguire e a tifare, non so neanch’io per chi, sono tutti bellissimi, forti e colorati con i parei polinesiani ☺️
L’escursione continua nell’interno. Le montagne vulcaniche sono ricoperte di vegetazione incredibilmente stratificata, conosco i nomi di poche specie, ma sono di una tale bellezza.. e poi sono lì da chissà quanto tempo, perché i tronchi sono enormi e le foglie pure e in mezzo a tutto questo intrico, ogni tanto si scorge l’azzurro del mare.
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| Strada nell'interno di Huahine |
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| Alpinia purpurata al profumo di zenzero |
È veramente un’isola incontaminata, dove gli spazi liberi da umani sono ancora la prevalenza, dove quando incroci un altro mezzo di trasporto (pochi a dire il vero) ci si saluta, facendo vibrare la mano aperta, dove il mare è generoso di colori e di vita. E una volta di più, capisco perché ho voluto tornarci... stregata da Huahine, l’isola che celebra la donna (perché in lingua locale Huahine vuol proprio dire questo).
Prossima tappa sarà Fakarava, un atollo appartenente al gruppo delle isole Tuamotu, in cui trascorreremo una settimana in catamarano.
FAKARAVA
Settimana diversa quella a Fakarava, perché trascorsa in catamarano, veleggiando attraverso l'atollo e scoprendone i punti migliori dove siamo soli in compagnia di pesci, tartarughe, mante, squali e sule.
Siamo fortunati, sia gli armatori (una coppia italiana con figlio di 11 anni) che gli altri due ospiti (in viaggio di nozze) sono molto simpatici e alla mano.
Il tempo è molto variabile, più dello scorso anno, incontriamo anche vento e pioggia che però non ci spaventano, anzi, ci offrono altri colori e altre gradazioni di azzurri e grigi e cieli mossi dalle nuvole, per finire con l’arcobaleno di rito..
L’atollo è grande, ha quasi una forma rettangolare ma è circondato da motu solo da due parti, gli altri lati sono costituiti dalla barriera corallina senza terre emerse. Il primo giorno, navigando a vela, ci spingiamo fino all’estremo sud dell’atollo. La costa è una striscia continua di sabbia bianca e palme di tutte le altezze e dimensioni. Ma quello che più mi ha colpito in questa settimana, è stata la vita sottomarina e le stelle che ho imparato (solo un pochino) a riconoscere, appena arrivata con l’aiuto di Marco (il nostro capitano) e che poi mi sono gustata le sere successive sdraiata sulla rete a prua.
Il primo bagno è stato col ‘brivido’. Appena arrivati nella baia che ci avrebbe ospitato per due notti, siamo stati accolti da una popolazione di squali pinna nera più uno grigio con le immancabili remore. Devo dire che vederli lì sotto, che gironzolavano come ‘in attesa’ non mi ha per nulla rassicurata. Voglio dire, una cosa è fare un bagno in cui, oltre ad altri mille pesci, incontri degli squali e un’altra è decidere di scendere proprio lì, in loro compagnia... Però a tutto ci si abitua e col passare delle ore, anche agli squali..
Così il nostro tempo è trascorso tra snorkeling nelle pass, seguendo la corrente e guardandoci attorno come fossimo in un acquario, passeggiate su spiagge bianche (fatte di sabbia, conchiglie e pezzi di corallo di ogni dimensione) per raggiungere la barriera corallina e l’oceano aperto ipnotizzati dalle onde che frangono liberando la loro potenza in riccioli di spuma bianca, racconti marinari dei nostri armatori che sono anni che navigano in questi ed altri mari, complicità e affetti che si creano e,
last but not least, pranzi/cene gourmet preparate dal nostro capitano, comandante di tutto rispetto ma anche vero chef.
Immersioni in apnea
| Spiagge in cui siamo soli |
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| Costruzione sulla spiaggia |
Prima di partire, facciamo in tempo a fare il classico giro in bici per conoscere dall’interno il motu con Rotoava, la capitale.
Anche qui una sola strada percorre il motu dividendolo in due parti: lato oceano e lato laguna, poche macchine e tanti saluti quando ci si incrocia, palme, frangipane, ibisco.... I colori del mare sono quelli che ormai dovrebbero essermi familiari, ma che continuano a stupirmi e mentre faccio e rifaccio foto da ogni angolazione, vedo uno squalo, dove avevo appena fatto un bagno rinfrescante, questa volta grigio, non piccolo, che scodinzola pigramente a 2 metri da riva in 50 centimetri d’acqua...
Lasciamo Fakarava e in aereo raggiungiamo Tahiti, da dove partiremo per la nostra prossima meta: Le isole Cook


















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