ALLA SCOPERTA DEI SAKURA E NON SOLO
TOKYO
Ammetto, questo è un viaggio di qualche anno fa, ma le emozioni che mi ha procurato le ricordo bene e sono qui a raccontarvele.
Programmare un viaggio in Giappone è tutto sommato abbastanza semplice, i voli partono da Milano e arrivano a Tokyo e poi da lì ci si muove con gli Shinkansen, i famosi treni proiettile che sono bellissimi e velocissimi. Con due amici, decidiamo di visitare Tokyo, Kyoto, Nara, Himeji, Hiroshima per poi tornare a Tokyo per il rientro, insomma un giro classico.
Unico timore è che non ci siano scritte in inglese, ma solo con gli ideogrammi giapponesi, se così fosse, saremmo spacciati! Le notizie che raccolgo però mi tranquillizzano abbastanza, diciamo che dovrei essere in grado di muovermi per i grandi spostamenti, forse un po' meno per le piccole cose quotidiane, ma ci arrangeremo. I sakura ci aspettano!
L'imbarco è in orario e la partenza pure. Seduti nei nostri posti laterali, veniamo subito accuditi e ci portano lasagne vegetariane e birra (nell'ottica di mangiare italiano fino all'ultimo). I posti in classe turistica si sa, sono piccoli, e muovendomi malamente, riesco a far volare per terra il bicchiere di birra lavandomi i pantaloni, il golf e la borsa appoggiata a terra... mi scappa un'imprecazione molto poco zen, ma poi mi avvoltolo nella coperta e aspetto che il tempo faccia il suo corso e asciughi tutto. Poi la fida pastiglietta fa il suo effetto e mi anniento sulla poltrona, dimenticandomi che è stretta, che non c'è il poggiapiedi, che non ci hanno dato neanche la piccola trousse con tappi, calzine e mascherina. Mi sveglio che mancano ancora 3 ore all'arrivo e siamo usciti dalla zona buia.
Siamo sopra la Russia o forse la Cina, giù si vedono solo ghiacci, fiumi ghiacciati, zone desertiche, nessuna forma di cività. Mi inquieta un po' questa landa desolata! Aspetto di vedere i grattacieli di Tokyo sbucare tra le nuvole, prima o poi.
Arrivati a Tokyo Narita, prendiamo il Narita Express Bus per arrivare a Shinjukju, dov'è il nostro albergo. Viaggio di più di un'ora. Già Tokyo ci appare com'è, grande, con un sacco di strade a più livelli, grattacieli nuovissimi e case basse.
La hall del nostro albergo è al 20° piano e la nostra stanza al 27°. Panorama pazzesco!
Usciamo praticamente subito per prendere contatto con questo estremo oriente e per vedere se riusciremo a muoverci al suo interno. Cerchiamo di entrare in un parco vicino all'hotel, ma ora che raggiungiamo la porta di ingresso, ci accorgiamo che è praticamente l'ora di chiusura e quindi niente, parco rimandato a domani. Ripieghiamo sul vagabondaggio senza meta e approdiamo ad un Isetan (un grande magazzino) in cui entriamo per vedere il reparto alimentari (è una cosa che ci piace sempre fare, scoprire le abitudini alimentari e i costi dei cibi) e qui ci sono cose bellissime, dai frutti, disposti come se fossero cioccolatini di pregio, ai dolci, ognuno un'opera d'arte, ai cibi, (non ben chiaro cosa siano però) tutto estremamente caro.
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| Questa me la sono comperata! |
Al mattino facciamo colazione in camera con il dolcetto comperato ieri e con uno yogurt di non facile acquisto: abbiamo scansionato più vasetti cercando di capire dalla traduzione (piuttosto approssimativa) cosa stavamo mettendo nel cestello!E poi Tokyo ci aspetta, la giornata è bella anche se fredda.
Raggiungiamo Rappongi Hill, una specie di città nella città, progettata da Minoru Mori (un magnate dell'edilizia), prevedeva la costruzione di un'area urbana dove fosse possibile vivere, lavorare, divertirsi e fare acquisti in uno spazio ristretto, in modo da eliminare perdite di tempo migliorando la qualità della vita.
Non ho idea se sia riuscito nel suo intento...
Passiamo dalla Tokyo Tower, che è una torre per telecomunicazioni e panoramica, dipinta di bianco e arancione internazionale (quello del Golden Gate) che copia un po' la Tour Eiffel (che però è decisamente meglio, secondo me)
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| Tokyo Tower |
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| Parcheggi bici a Rappongi Hill |
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| Cimitero a Rappongi HIll |
E, per raggiungere a piedi il Museo di arte Moderna, passiamo di fianco a un piccolo cimitero, cosi vicino alle case...
So che oltre ai templi, ai giardini zen, ai palazzi medioevali, ai torii, in Giappone, e in particolare a Tokyo, troverò splendide costruzioni moderne opera dei più grandi architetti e comincio a godermi questa vista.
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| Gli alberi erano"vestiti"con stoffa a pois in omaggio a Yayoi Kusama |

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| Interno |
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| Anche se non ci si accorge, perché è troppo grande, Tokyo è sul mare! |
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Teatro Kabuki-za
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Il Mercato del pesce il Tsukiji Fish Market è una città nella città. E' enorme, con pesci di ogni genere e muletti che girano a tutta velocità, devi stare attento a come ti muovi e dove vai. Non c'è puzza di pesce, ma profumo di mare. All'esterno ci sono bancarelle dell'indotto e ristoranti dove gustare pesci di ogni tipo, cotti o crudi, ma non è facile scegliere, e soprattutto le code sono chilometriche. Ma con perseveranza riusciamo a capire cosa mangiare e dove sederci. Del resto, vuoi venire al mercato del pesce di Tokyo e non mangiare il pesce?
Fuori dal mercato del pesce, visitiamo i Giardini di Hama Rikyu. Il parco è grande ed è particolare perché al suo interno ha uno stagno a marea che cambia in base alle maree del Golfo di Tokyo. Ma non abbiamo tempo per fermarci ad aspettare il corso delle maree, in compenso troviamo una zona completamente gialla di fiori di colza con i grattacieli del quartiere Shiodome sullo sfondo. Una meraviglia!
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| Parco Hama Rikyu e grattacieli di Shiodome |
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| Sposi in abiti tradizionali |
Avevo detto che il viaggio era stato programmato per vedere la fioritura dei ciliegi, ma a quanto pare quest'anno ha fatto più freddo del dovuto e i ciliegi sono ancora parecchio in ritardo, solo gemme sui rami, per ora. Cosi nel Kitanomaru Park, dove dovrebbe esserci una importante fioritura, ci dobbiamo accontentare di un bellissimo prato viola.
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Kitanomaru Park

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Ma torneremo e intanto teniamo d'occhio la App che ci dice (per fortuna con disegnini, così si capisce!) in tempo reale a che punto sono i sakura (ciliegi in fiore) in tutto il Giappone. Per i giapponesi fare hanami cioé ammirare i fiori di ciliegio, è un rito collettivo.
C'e tutta una letteratura dietro i significati dei sakura che simboleggiano vita e morte, bellezza e violenza. L'arrivo della primavera promette una vita nuova, così come lo sbocciare dei fiori di ciliegio porta un senso di vivacità e vitalità, ma la loro vita breve ci ricorda che anche la nostra vita lo è.
Storicamente rappresentava la vita (spesso breve) dei samurai, che avevano un rigido codice morale di rispetto, onore e disciplina (il bushido) e dovevano incarnare e preservare questi valori anche di fronte alla morte. I petali caduti simboleggiano la fine della breve vita dei samurai.
Anche i kamikaze, durante la seconda guerra mondiale decoravano i loro aerei con dei fiori di ciliegio che in questo caso rappresentavano la morte: "come splendidi petali di ciliegio caduti per l'imperatore".
Ci fu anche una «diplomazia del fiore di ciliegio», praticata verso l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Ad esempio, nel 1909, il sindaco di Tokyo spedì a Washington duemila ciliegi in segno di gratitudine per il ruolo di mediazione svolto dagli Usa durante la guerra russo-giapponese, dopo che la first lady americana espresse il desiderio di piantare questo tipo di alberi lungo il fiume Potomac.
La prima tranche si rivelò infestata di insetti e fu bruciata e allora nel 1912 il sindaco di Tokyo ridonò altri 6020 ciliegi che furono piantati sul Tidal Basin che attualmente ha sakura simili a quelli giapponesi (Ecco, penso, Washington potrebbe diventare meta di un prossimo viaggio durante un'altra primavera...)
Quindi da tutto ciò si capisce quanto importanti siano stati nella storia del Giappone, ecco perché anche oggi i sakura sono così ammirati e perché provocano lo spostamento di milioni di giapponesi verso le località più famose per le loro fioriture.
All'inseguimento dei sakura, cerchiamo di raggiungere Meguro Gawa, un canale lungo le cui sponde sono presenti numerosi ciliegi che creano effetti scenici incredibili. Abbiamo la fortuna di incontrare un giovane che parla inglese (non facilissimo trovare chi lo parli) che ci aiuta con i biglietti della metropolitana. Ci dice che di lì a poco avrà un incontro col suo professore per la tesi di laurea, che è già stato in Europa e il suo prossimo viaggio sarà l'Italia. Così, dopo la foto di rito ed esserci messi da bravi ragazzi in una fila ordinata, saliamo sicuri sul nostro vagone. Ah, qui le rotaie della metropolitana spesso non sono visibili, sono protette da paratie che si aprono quando arrivano i treni, che ovviamente si fermano in corrispondenza dei segni dove c'è la gente in coda.
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| Le borse si lasciano lì, in tutta tranquillità |
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Vagone riservato
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| Meguro Gawa |
Ahimè anche qui non siamo molto fortunati, tutto molto in ritardo, ma capiamo che quando sarà, dovrà essere uno spettacolo. Ci torneremo, prima del rientro in Italia passeremo ancora due giorni a Tokyo e credo proprio che quello sarà il momento giusto.
Abbandoniamo i tentativi di vedere ciliegi in fiore e ci dirigiamo verso Shibuya, con il Shibuya Crossing l'incrocio più trafficato di Tokyo. Non è l'ora di punta, anzi è una giornata tranquilla in un orario tranquillo, ma la gente è comunque tanta, e chi si ferma è perduto!
Shibuya Crossing
Nelle nostre peregrinazioni passiamo anche da Akihabara, oggi è il regno dei negozi di elettronica, ma anche la mecca degli otaku, gli appassionati di videogiochi, manga e anime.
Giusto per curiosità, mettiamo il naso dentro uno spazio tutto luci e suoni e videogiochi, e scappiamo assordati
Akihabara
E dopo un bagno di folla e rumori, ci dirigiamo vero il Meij Jingu, non prima di esserci fermati al ristorante di ravioli Harajuku Gyozaro, famosissimo perché i ravioli sono squisiti e costano poco. Un po' difficoltosa la scelta dal menù affisso alla parete, ma per fortuna troviamo un gentilissimo cameriere che ci aiuta, e i ravioli (alla piastra per me) sono veramente squisiti.
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| Menù |
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| Ristorante |
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| Come non essere d'accordo? |
Arriviamo al Meiji Jingu, un santuario shintoista dedicato all'imperatore Mutsuhito e a sua moglie. Questo imperatore Meiji portò il Giappone che, alla sua nascita era un impero isolato e pre-industriale, a diventare, attraverso grandi cambiamenti politici, sociali ed economici, una delle grandi potenze internazionali.All'ingresso superiamo un torii imponente (i torii sono portali di accesso ad un santuario shintoista o anche ad un'area sacra, in pratica segnano il passaggio dal regno degli esseri umani a quello divino).
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Torii

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Purificazione prima dell'ingresso
Qui abbiamo la fortuna di assistere a due matrimoni in abiti tradizionali. Io li trovo elegantissimi. Improvvisamente si viene catapultati in un altro tempo, in un'altra dimensione.
Gli officianti
Prima di uscire, scriviamo e imbuchiamo la nostra preghiera. Verrà appesa tra le altre tavolette di legno, chissà quando...
Avevo detto che a Tokyo l'architettura moderna è ben rappresentata in molti grattacieli, le prime tre foto sono progetti di Kenzo Tange
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| Palazzo del Governo |
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| Mode Gauken Cocoon Tower |
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| Fuji Building |
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| Sumitomo Fudosan Grand Tower |
Grattacieli a Ginza:
E poi un mezzogiorno decidiamo di provare un altro tipo di cibo, perché in realtà il sushi, che ci piace tanto, non è poi cosi frequente come pensavo. Allora, complice un tempaccio freddo e piovoso, decidiamo per un ramen in un ristorante tipico, talmente tipico che facciamo 1 ora di coda, sotto la pioggia, e quando proviamo a sfilarci, mettendoci al riparo e lasciando solo uno di noi a tenere il posto, mentre gli altri tre si riparano sotto una tettoia, esce un inserviente che ci dice che "No, non si fa, se si vuole entrare in 4, la coda deve essere fatta da tutti e quattro e non va bene che alcuni, pur essendo lì, si riparino vicino al muro". Ok, sapevo dell'ossessione dei giapponesi per le code ordinate, ma questo mi pare un filo esagerato, comunque eseguiamo: muti, bagnati e infreddoliti, tutti in coda.


Inizialmente non riusciamo a capire cosa significhino quelle lucine presenti sul quadro poi, visto il locale, capiamo che sono i posti occupati e la possibilità di chiamare qualcuno se hai bisogno di aiuto. Si è seduti l'uno di fianco all'altro, divisi da un separé, quindi in pratica ognuno ha un suo spazio, davanti ad una tendina che si alza solo per prendere l'ordinazione e portare quanto ordinato.
Ci creiamo il nostro ordine, con l'aiuto dell'inglese ma anche un po' a caso (io).
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| Menù per costruire il proprio ramen |
Questo il mio spazio, il cameriere ha alzato la tendina per prendere l'ordine e per spillare un bicchiere di birra, poi è sparito e si aspetta
Non so resistere e faccio una foto dietro la tendina, tutto molto pulito e ordinato, del resto cosa potevo aspettarmi di diverso?
Ed eccolo qua il mio ramen... una dose da cavallo, impossibile finire tutto, ho sicuramente sbagliato molto nell'ordinazione!
I bagni giapponesi meriterebbero un capitolo tutto loro. Sempre pulitissimi e tecnologici, con pulsanti sull'asse che propongono: sedile riscaldato, musica, getto d'acqua, getto d'aria, deodorante... mi occorrono gli occhiali! E poi la carta igienica non manca mai, maiiii!
La nostra prima tappa a Tokyo è finita, ci torneremo alla fine del viaggio verso Sud e sono certa che godremo dei sakura, intanto il viaggio prosegue verso Kyoto (a bordo dello Shinkansen) dove arriveremo in meno di tre ore.
KYOTO
All'arrivo a Kyoto è in una delle più grandi stazioni del Giappone e una delle più trafficate. L'edificio, enorme e futuristico è stato progettato da Hiroshi Hara e ha causato alcune polemiche per le scelte architettoniche poco in linea con la città, a me però è sembrato spettacolare.


Essendo stata quasi interamente risparmiata dalla seconda guerra mondiale, Kyoto è considerata la culla della civiltà giapponese e per questo dichiarata patrimonio universale dall'Unesco. E' definita la città dai mille templi. Non so se siano effettivamente mille, ma sono veramente tantissimi, difficile scegliere quali visitare e di quali raccontare.
Qui abbiamo deciso di soggiornare in una casa che si trova all'interno di un tempio buddista, il Chōmyō-ji Temple per vivere un'esperienza un po' più giapponese, ed è stata un'ottima scelta: tatami, porte scorrevoli in legno e in carta, circondati dal giardino del tempio in un silenzio assoluto.
Che dire, a Kyoto si viene proiettati indietro nel tempo. Se Tokyo sembra una New York giapponese, con persone sempre in movimento, metropolitane stracolme, file in ogni dove, grattacieli che stupiscono, traffico scorrevole ma intenso, ragazze vestite con moda all'avanguardia, qui il tempo sembra non essere mai trascorso. Molte ragazze girano per le strade indossando splendidi kimono con acconciature elaborate, fiori nei capelli e geta, gli infradito di legno che impongono una camminata tranquilla. Le strade sono più strette che a Tokyo, le case più basse, insomma una città a dimensione più umana, ne resto subito affascinata.
Il quartiere di Gion ci cattura subito. Nato intorno al XIV secolo per accogliere i pellegrini in visita al santuario di Yasaka, Gion è conosciuto in tutto il mondo per essere uno dei quartieri di Kyoto in cui vivono ancora oggi le geisha.
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Santuario Yasaka
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Qui si concentrano numerose case da tè (ovviamente abbiamo subito prenotato i posti per una cerimonia del tè). Per questo motivo, le strade di Gion hanno conservato l’aspetto di una volta: tutti gli edifici sono ancora interamente in legno e io sono affascinata dalla bellezza ed eleganza dei Kimono. Ecco, dovendo trasferirmi in Giappone, preferirei Kyoto a Tokyo.

Il primo tempio che approcciamo è il Kennin-ji è il tempio zen più antico della città di Kyoto e il suo fondatore, il monaco Eisai, è conosciuto per aver introdotto in Giappone la filosofia zen e l’usanza del consumo del tè. Qui prendiamo contatto con i primi karesansui, i "giardini secchi", distese di sassolini bianchi che vengono rastrellati a spirale o con motivi increspati per rappresentare l'acqua, mentre rocce e pietre vengono utilizzate per simboleggiare alberi o fuoco. Il risultato è un luogo rilassante e tranquillo che facilita l'introspezione. Ci accorgeremo che molte cose qui sono pensate per facilitare l'incontro con il nostro io, per cercare di ascoltarci e di guardarci dentro e di staccarci dalla vita vissuta divorando il tempo per poter fare di più e più velocemente.
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| Giardino secco del Kennin-ji Temple |
Un altro tempio che mi ha colpito perché esempio dell'estetica ispirata alla bellezza dell'imperfezione, è stato il Ginkakuji Temple o Padiglione d'Argento. Oggi è diventato un tempio zen, ma era stato progettato non per l'uso dei monaci praticanti la meditazione, ma come luogo di ritiro dello shogun e quindi lo scopo primario era il godimento estetico, il padiglione avrebbe dovuto essere ricoperto d'argento, ma lo shogun non lo fece mai, ecco perché bellezza dell'imperfezione.
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| Ginkakuji Temple |
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Giardini del Ginkakuji Temple
Lasciando il Ginkakuji Temple prendiamo il Philosopher's Path Si chiama così perché un professore dell'Università di Kyoto percorreva questo sentiero come forma di meditazione quotidiana. E' un sentiero che corre lungo un canale, in un ambiente tranquillo e ricco di vegetazione, in cui i ciliegi sono numerati, peccato che anche qui quasi niente fiori...
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Che dire delle esperienze culinarie di Kyoto? Qui proviamo tre nuovi piatti: Yakitori, Okonomiyaki e il manzo di Kobe.Gli Yakitori di fatto sono degli spiedini. Le dosi sono piccole, (cosa che mi fa molto piacere), e quindi abbiamo la possibilità di assaggiarne una vera quantità, tutti decisamente facili, con sapori vicini a quelli che conosciamo.
La serata dell'Okonomiyachi invece è andata un po' meno bene, la piastra che abbiamo in mezzo al tavolo caccia un caldo pazzesco ed è impossibile allontanarsi perché tavolo e sedie sono solidali. In compenso l'okonomiyachi è una sorta di pizza in cui però c'è di tutto: verza, farina, uova, formaggio e viene condita con una salsina agrodolce che non finisce di piacermi.

Invece il manzo di Kobe ... TOP! quando si dice carne morbida e saporita! Diciamo che se la dose fosse stata anche un po' più abbondante non mi sarebbe dispiaciuto..
Aspettiamo una bella giornata per salire al Fushimi Inari, non si può pensare di visitarlo con l'ombrello! E' un santuario dedicato a Inari, la divinità del buon raccolto e del successo negli affari. Per raggiungerlo c'è un percorso di circa 10.000 torii rosso brillante che sono stati tutti donati dai fedeli e, sapendo leggere gli ideogrammi, si potrebbe conoscere la data della donazione e il nome del donatore. Peccato però che ci sia tanta gente. In realtà, facendo questo sentiero protetto, si dovrebbe pregare, raccogliersi e lasciare libera la mente, ma sinceramente faccio un po' fatica. So che si potrebbe salire fino in cima alla collina ma non è cosa da poco, ci vogliono circa 2 ore di cammino e, confesso, ci siamo fermati prima...
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| Ingresso salita al Fushimi Inari con le volpi di pietra, considerate messaggeri |




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Volendo ci avrebbe letto il futuro
Partecipare a una cerimonia del tè è assistere ad una vera forma d'arte. Sen no Rikyu (monaco buddista vissuto nel 1500) sostenitore del pensiero secondo cui è necessario fare tesoro di ogni incontro perché non è mai totalmente ripetibile, individuò i principi da seguire durante la cerimonia: armonia, rispetto, purezza e serenità. Anche oggi i maestri seguono queste regole, anche se esistono diverse scuole con piccole differenze. La tradizione vuole che la cerimonia avvenga in una specifica casa del tè costruita apposta, il cui pavimento è ricoperto da tatami, gli arredi praticamente non esistono e c'e un braciere (il nostro in realtà era elettrico anche se la foggia era antica) su cui viene scaldata l'acqua. All'ingresso veniamo accolti da un maestro del tè in kimono. Nel silenzio più totale, veniamo invitati a toglierci le scarpe e a lavarci mani e bocca, poi entriamo nella stanza dei tatami e ci sediamo sulle ginocchia. Abbiamo il permesso di fare giusto due foto prima dell'inizio della cerimonia, poi non è più possibile. Seguono tutta una serie di gesti rituali con cui vengono puliti tutti gli oggetti e alla fine il tè viene versato in piccole scodelle. Quando si riceve la ciotola, la si deve alzare in segno di rispetto al maestro e poi bisogna ruotarla leggermente prima di bere. Prima di una seconda tazza di tè, si mangia il dolcetto che ognuno di noi aveva davanti a sè. Finita la cerimonia, grandi inchini per ringraziamento. Si esce con le ginocchia forse un po' doloranti ma con una sensazione di pace interiore estremamente piacevole. |
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| Scodella del tè, frusta per mescolare il tè e dolcetto |
NARA
Un giorno lo dedichiamo a Nara per visitare il tempio Todaiji. Per raggiungerlo, camminiamo nel parco che è popolato da una quantità impressionante di cervi liberi. Non mi piacciono tanto, sembrano spelacchiati e un po' malaticci e si avvicinano in continuazione per chiedere cibo. Il tempio è un luogo di culto buddista ed è di legno. Il punto focale dell’intera struttura è il Daibutsu – Den (o Hall of Great Buddha), una grossa costruzione in legno che ospita il Buddha Daibutsu (il più grande al mondo, alto 15 metri). Anche qui dovrebbero esserci ciliegi in fiore, ma in realtà c'è ben poco.
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| Portale di ingresso al tempio Todaiji |
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| Daibutsu – Den, Hall of Great Buddha |
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| Buddha Daibutsu |
KAMEOKA e il Ryokan
Non puoi dirti soddisfatto se in Giappone non provi a passare almeno un giorno in un Ryokan con Onsen annesso, e noi lo abbiamo scelto a Kameoka, una cittadina fuori Kyoto, cosa che ci permetterà di fare anche un tragitto col Romantic Train sulla Sagano Scenic Railway, un percorso di circa 7 chilometri attraverso le colline e i boschi di bambù seguendo il fiume Hozu sui suoi treni storici, noti come “torokko”. Due spiegazioni: un Ryokan è un albergo giapponese tradizionale che mantiene ancora gli elementi tradizionali, cioè: pavimenti formati da tatami, pochi mobili, nicchie con ikebana (composizioni floreali), i futon invece dei nostri letti. La cucina non non ha nulla a che vedere con quella occidentale ed è di solito di elevatissima qualità, molto raffinata e ricercata sia nei contenuti che nell'estetica. L'onsen è una sorgente termale naturale.
Il nostro Ryokan è immerso in un giardino. La stanza è grande e i mobili sono pochi. Appoggiamo le nostre cose e subito indossiamo lo yukata, il kimono che serve per

raggiungere l'Onsen, e le nostre strade si separano, io entro in quello femminile. Prima di accedere all'onsen, però, mi copro il tatuaggio che ho sulla spalla. La regola dice che è vietato l'ingresso a chi è tatuato, perché nella loro cultura i tatuaggi sono legati alla yakuza, la mafia giapponese. In realtà poi scopro che potevo non preoccuparmi della mia piccola stella marina, l'ingresso mi sarebbe stato permesso ugualmente. Mi lavo accuratamente con tutti saponi e gli scrub che sono messi a disposizione, e quando sono liscia come una bimba, avvolta da un asciugamano di cotone leggero (niente costumi nell'onsen) entro nelle vasche interne e dopo essermi acclimatata, esco all'esterno, sistemandomi tra le rocce sotto un acero. La pioggerellina sottile sottile che scende dal cielo (anche oggi piove!), è estremamente piacevole, rinfresca e attenua i vapori dell'acqua calda e cosi chiacchiero con la mia amica sottovoce, anche se al momento siamo solo noi due, ma la calma è tale che si è in soggezione di fronte alla natura che ci circonda. E all'uscita, relax sulle poltrone.
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| stanza in versione giorno |
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| La stanza in versione la notte coi futon |
Questi i piatti della cena, bellissimi, presentati come fossero quadri... splendidi per gli occhi, un po' meno per le papille gustative. Ecco, diciamola tutta, a me questa cucina giapponese tradizionale non ha proprio convinto, anche se mangiare in kimono, accuditi da una cameriera truccata e vestita tradizionalmente, ha avuto il suo fascino. Ma quando al mattino mi son vista portare due mini-pesciolini invece di qualche panificato (che so, brioche, biscotti, focaccia, pane) ho rimpianto le abitudini italiane...
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| Pesciolini a colazione |
Rientriamo a Kyoto prendendo il Torokko, e durante il percorso sui vagoni aperti, ci rendiamo conto che tra qualche settimana probabilmente il viaggio sarebbe stato più spettacolare, perché passiamo in mezzo a tantissimi ciliegi che però ancora sono senza fiori...peccato.

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| Certo che se fossero stati fioriti... |
Voglio raccontare di un altro tempio che mi ha molto colpito, il Ryoanji, e del suo giardino roccioso, un altro patrimonio mondiale Unesco. Il giardino è uno spazio di circa 250 mq con ciottoli bianchi e rocce scure di varie forme e dimensioni. Il suo significato è un enigma fin dalla sua creazione e quindi si sono proposte diverse teorie per spiegare ciò che ancora resta ignoto: una teoria è che le rocce raffigurino isole in un oceano o montagne tra le nuvole, un'altra che rappresentino una tigre coi suoi cuccioli che attraversa un fiume oppure ancora potrebbero essere ostacoli che si interpongono al raggiungimento dell'illuminazione.
La cosa che più mi ha colpito però, sono le 15 pietre del giardino che sono disposte in modo che non si vedano mai tutte, ce n'è sempre una nascosta indipendentemente da dove si sta guardando. Questo è un riferimento al concetto asiatico di 15 come numero perfetto: nessuno è perfetto, quindi non possiamo vederne 15 a causa del nostro essere imperfetti.




E nel giardino del tempio, c'e un inizio di sakura
HIMEJI
Nella nostra discesa verso Sud per raggiungere Hiroshima, ci fermiamo al Castello di Himeji, o dell'Airone Bianco, anche questo patrimonio mondiale dell'umanità Unesco, un edificio militare di rara bellezza.
Risale a oltre 600 anni fa e per fortuna non fu mai assediato o gravemente danneggiato. La complicata struttura del castello,(in particolare le tre alte torri di guardia collegate da colonne e passaggi labirintici) aveva lo scopo di arrestare l'invasione dei nemici, confondendoli. Di fatto l'architettura era mirata a impedire l'accesso alla torre di guardia più alta e al torrione, situato nel cuore del castello.

Gli interni pare non siano gran cosa e quindi, complice il poco tempo a disposizione, decidiamo per una visita esterna, godendo della bellezza della costruzione ammirandola da diversi punti del grande parco che si attraversa per raggiungerlo.
HIROSHIMA e MYAJIAMA
E' la nostra ultima tappa a Sud. Decidiamo di tenerci il Memorial Park per domani, non siamo in vena di prendere contatto con ricordi così pesanti e ci spostiamo subito sull'isola di Miyajima con il santuario shintoista Itsukushima-Jinja, famosissimo per il torii galleggiante. Dal piccolo porto dell’isola basta camminare pochi minuti attraversando una via piena di negozi di souvenir e di ristorantini per arrivare al santuario. Si capisce subito qual’è la particolarità che rende così speciale questo tempio: la sua costruzione stile palafitta che fa letteralmente “galleggiare” questo tempio sopra il mare, soprattutto con l’alta marea, peccato che noi l'abbiamo visto in un momento di bassa..
Il santuario è dedicato alle tre dee Munakata, che sono protettrici del mare e degli incidenti stradali, della buona sorte e del talento.
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| Torii |
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| Santuario Itsukushima-Jinja |
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Goju-no-to Pagoda Pagoda a 5 piani che combina stile giapponese e cinese |
Ovunque vengono proposte le ostriche, soprattutto cotte: alla griglia, bollite o fritte. Avevo letto che sono una specialità della zona e sono veramente enormi, pure troppo! Le provo, non mi fanno impazzire, le preferisco decisamente crude e anche un po' più piccole
Ci fermiamo incuriositi davanti ad una vetrina da cui si vede un grande macchinario che produce dolcetti a forma di foglia, i momiji manju, anche questi specialità del luogo, sono fatti di farina di frumento, riso e/o grano saraceno ripieni di pasta di fagioli rossi. Questi non male, del resto la pasta di fagioli rossi l'avevo già provata alle Hawaii quando avevo assaggiato i famosi shave ice di Matsumoto, all'interno sembrava ci fosse del cioccolato, ma era crema di fagioli rossi!
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| Dolci momiji manju |
Il Memorial Park è un pugno nello stomaco.
Nel Peace Memorial Museum, viene narrata e mostrata la storia di Hiroshima e della bomba atomica, con un focus ben preciso sulla distruzione che quest’ultima ha portato, con foto e report dell’evento. Subito fuori, al centro del parco, è presente il Memorial Cenotaph, un cenotafio a forma di arco al cui interno sono presenti i nomi delle vittime della bomba atomica e l'A-bomb Dome (dove la A sta per Atomic), uno dei pochissimi edifici rimasti in piedi dopo dell’esplosione della bomba e diventato uno dei simboli della città.
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A-bomb dome
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Riprendiamo lo Shinkansen per rientrare a Tokyo in una bella giornata e riusciamo a vedere anche lui, il simbolo del Giappone, il Monte Fuji. Tokyo ci aspetta e i sakura forecast ci dicono che finalmente è arrivato il momento!
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| Monte Fuji |
Rientrati a Tokyo, pianifichiamo con cura gli spostamenti per sfruttare al meglio il poco tempo che ci resta e le attese non saranno deluse!
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| Giardini imperiali |
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| Palazzo imperiale - Chidorigafuchi Green Way |
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| Palazzo imperiale - Chidorigafuchi Green Way |
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| Meguro Gawa |
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| Meguro Gawa |
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| Meguro Gawa |
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| Meguro Gawa |
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| Meguro Gawa |
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| Meguro Gawa |
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| Meguro Gawa |
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| Palazzo imperiale - Chidorigafuchi Green Way |
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| Meguro Gawa |

Eccomi, finalmente accontentata e felice sotto i ciliegi.
Considerazioni
In questo viaggio ho capito che in Giappone ogni cosa ha un suo perché e non solo nei giardini. Niente è cosi semplice come appare, tutto può essere interpretato, tutto cerca di rimandare all'introspezione alla meditazione e alla ricerca del proprio io. Certo si può viaggiare solo guardando quello che ci circonda e godendo di quello che si vede (e già non è poco) ma, se si approfondisce un po', gli spunti per la riflessione e per aiutare a conoscere un po' di più noi stessi sono tantissimi. Un Paese affascinante, un passato intrigante, religioni che sono filosofie di vita, la ricerca della semplicità in tutto: nei giardini, nei bonsai, nell'ikebana (disposizione dei fiori), nelle case. Tutto così lontano dalla nostra opulenza occidentale, ma tutto così affascinante nella sua essenzialità.
Consigli pratici
Come dicevo all'inizio, programmare il viaggio è veramente semplice, gli hotel sono tantissimi e per tutte le tasche, spesso hanno camere piccole piccole, quindi se soffrite di claustrofobia, controllate la dimensione quando prenotate.
Se volete spostarvi con i treni si deve fare il Japan Rail Pass che può costare quasi più del biglietto aereo ma che è il modo migliore per spostarsi all'interno con velocità e sempre in perfetto orario, quindi permette di programmare le escursioni al minuto.
E' fondamentale soggiornare in un Ryokan, preferibilmente con Onsen privato. I costi sono piuttosto elevati, ma una volta nella vita, forse si può fare.
Scegliete quali templi visitare, sono veramente tantissimi e non è facile selezionarli, dovete decidere prima della partenza, almeno sapete come muovervi una volta sul posto.
Ma soprattutto prendetevi del tempo per meditare, per contemplare, per vivere più lentamente, ma non per questo meno intensamente.
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