AUSTRALIA - agosto 2018

In realtà in questo viaggio, l'Australia non è stata la meta principale, ma un imperdibile stop con annesse esplorazioni, per raggiungere la vera meta, cioè la Polinesia (di cui però racconterò in un altro post). 
Queste le tappe australiane: Sydney, Hamilton Island e Fraser Island, due scali tecnici a Brisbane e Auckland, poi Polinesia e ritorno in Australia a Melbourne. 

Parte 1: Sydney

Non si può negare che il viaggio fino a Sydney sia lungo (anche se la tappa a Dubai ci permette di sgranchirci le gambe girando come trottole per l’aeroporto), però devo dire che, nel momento in cui sai che dovrai passare quattordici ore in volo, non ti preoccupi più del tempo, che alla fine passa senza lasciare troppe tracce su viso e ritmi circadiani.

Sydney è una città incredibile: l’aria è tersa e sottile, il cielo cambia ogni momento, c’è sempre vento ma il sole è caldo (anche se siamo in inverno) e nelle ore centrali della giornata si può girare in maglietta. 

Iniziamo la giornata percorrendo il Circular Quai che
 è anche il principale terminal da cui partono i traghetti e le crociere per le maggiori località della baia.  E' il luogo perfetto per dedicarsi al “people-watching” perché qui si incontra ogni tipo di persona, anche monaci buddisti che spiccano tra tutti con il loro kesa, la classica tunica arancione  (penso: "ma non dovevano vivere della carità delle persone?" Almeno così mi avevano spiegato nel viaggio in Myanmar, "e allora come sono arrivati fin qua?" Mah, evidentemente mi sfugge qualcosa, comunque sia, sono belli, così colorati nella baia)

Circular Quai 

Circular Quai 




Qui, bevendo un birra e mangiando patatine fritte, ho scoperto quanto acuta sia la vista dei gabbiani e preciso il loro volo: stavo per infilarmi in bocca una patatina, quando un gabbiano, velocissimo me l'ha rubata dalle mani senza praticamente toccarmi le dita...incredibile!
E poi, lì in fondo al Circular Quai, c’è l’Opera House… Eh beh, l’Opera House nella baia, con i battelli che incrociano in continuazione muovendo le acque e disturbando i gabbiani, è di una bellezza stupefacente.





Non smetterei mai di fotografarla, ogni volta scopro una inquadratura nuova che mi sembra migliore della precedente… Anche la storia della sua costruzione è affascinante (lo scopriamo durante la visita) ma non scevra da dubbi di favoritismi circa la scelta del progetto di Jorn Utzon, l’architetto danese che non venne neanche invitato all’inaugurazione, per non parlare dei costi lievitati durante la costruzione di circa il 1457% (da 7 a 102 milioni di dollari australiani!) Comunque sia, qualunque cosa sia successa, oggi si può dire che questa costruzione sia l’icona di Sydney e rende unica questa baia e io perdo ore in contemplazione per vedere come cambia nelle diverse ore del giorno e della notte .. 
La sera sulle vele dell'Opera House vediamo lo spettacolo libero Badu Gili: 6 minuti di musiche e proiezioni per celebrare, nello spazio pubblico, la cultura delle popolazioni autoctone australiane. Molto suggestivo



Per non parlare dell’Harbour Bridge, il “ponte gruccia” quello da cui si sparano i fuochi di fine anno, per intenderci, un’altra icona e un altro centinaio di scatti…
Volendo si può anche salirci, ci sono escursioni che ti fanno camminare sulle travi, basta non soffrire di vertigini!


Harbour Bridge

passeggiata sull'Harbour Bridge

Girando per la città vedo spesso ragazzi con maglioni a tema natalizio, così scopro che in questo mese si festeggia Chistmas in July. 

Si, perché a quanto pare, gli australiani, stufi di celebrare il Natale a dicembre quando è estate piena, ne hanno inventato un altro in luglio, mese un po’ più fresco, così la sera possono vestirsi con maglioncini rossi con i disegni natalizi e girare con i cappellini con le corna delle renne. Le strade hanno alberi con le lucine, i negozi e i ristoranti sono addobbati con ghirlande e rami di pino. Guardando le bancarelle di The Rocks Markets, sembra di essere capitati da Viridea nel mese di dicembre! 
The Rocks E' un quartiere vivace, il primo fondato degli immigrati, qui si trovano alcuni dei pub più antichi di Sydney tipo il Fortune of War (il più vecchio in assoluto, aperto nel 1828) ed è frequentato da giovani locali e turisti, dai pub escono musiche dal vivo di tutti i generi: basta fermarsi davanti a quello che ti ispira di più, (con o senza birra) e il tempo passa in allegria! 

Qui ha sede il MAC (Museum of Contemporary Art Australia). Tra gli artisti esposti, mi ha colpito John Mawurndjul un artista indigeno contemporaneo che utilizza i motivi tradizionali con tecniche innovative.



Darling Harbour è un quartiere nuovissimo, con grattacieli, attrazioni varie e molti bar al sole dove è piacevole fermarsi. E' stato ristrutturato e riaperto al pubblico nel 1988 perché fino agli anni 80 appariva desolato e con banchine in rovina. E' lì che ha sede l'acquario, famoso perché possiede tunnel sottomarini in cui passeggiare circondati da pesci, squali, razze e tartarughe. Per raggiungerlo, si cammina sul Pyrmont Bridge riconoscibile dalle numerose bandiere colorate che sventolano su entrambi i lati; è uno dei più antichi ponti girevoli al mondo e uno dei pochi ancora esistenti. Fu inaugurato nel 1902, permettendo così alle navi più grandi, di accedere al porto. Oggi però è utilizzato esclusivamente per il passaggio dei pedoni

Darling Harbour
 

                                              

Il giorno in cui decidiamo di andare al Fish Market, programmiamo la visita verso ora di pranzo. Non è certo grande come quello di Tokyo, che sembrava una città nella città, ma è comunque interessante, con pesci, ostriche, crostacei giganteschi e un sacco di ristorantini che propongono crudo o fritture varie. Quando si dice "l'imbarazzo della scelta", qui è stato proprio così. A dire il vero è stato anche difficile trovare un posto a sedere, ma con perseveranza, ci siamo riusciti..."never give up!"

Fish Market






E poi ci sono le spiagge, e che spiagge! Da Bondi a Bronte Beach, seguendo il Coastal Walk, sono in successione, grandi, aperte, circondate da rocce scolpite dal vento e dal mare e frequentate da una quantità di surfisti che si divertono e mi ammaliano per le evoluzioni che sanno fare, perché qui, secondo me, ci vengono quelli bravi! Ne percorriamo un tratto con vento fresco e sole caldo, i panorami aprono il cuore, e ci fermiamo a pranzo da Iceberg Dining da dove lo sguardo spazia sul mare e sulle evoluzioni dei surfisti
E una volta in più respiro, e guardo il mare e mi scaldo al sole brillante e cerco di fissare quella luce e quegli scorci nella mente, per quando a Milano il cielo sarà grigio, (perché arriverà quel momento), per quando sentirò la mancanza del mare (quasi sempre), per quando farà freddo e sarò in astinenza da sole…


Coastal Walk 



Rocce sulla Coastal Walk

Tamarama Beach

Iceberg Dining

Parte 2: Isole della Grande Barriera Corallina

Hamilton Island

L’arrivo in volo a Hamilton Island nell’Arcipelago delle Whitsundays è uno spettacolo: l’oceano è letteralmente disseminato di isolotti disabitati e ricchi di vegetazione. Scendendo dall’aereo si viene subito avvolti dal quel “teporino” che io adoro e che fa immediatamente venir voglia di togliere le sneakers e mettere le infradito… ecco, sono nel mio clima, penso.


Catseye Beach, le maree sono importanti e trasformano il paesaggio



Traffico a Hamilton island


Warning



Nell’isola, di proprietà della famiglia Oatley, si gira a piedi o con i golf cart, quindi non ci sono rumori se non il mare e i garriti dei pappagalli. Ce ne sono una quantità, bianchi con la cresta gialla o più piccoli e coloratissimi, molto curiosi e simpatici. In hotel però c'è un avviso che suggerisce di tenere le finestre chiuse, perché spesso entrano in camera e rubano le cose lasciate in giro. Allora non solo le gazze sono ladre! 
Meno simpatiche invece le meduse Irukandji (cubomeduse), piccolissime, 1 cm circa, la cui puntura può essere letale… ci sono cartelli sulla spiaggia che avvisano della loro possibile presenza, ma per fortuna questo periodo è buono, quindi i bagni sono assicurati.    
                           
Ma lo spettacolo vero, quello che lascia senza fiato, lo scopriamo quando con la barca raggiungiamo Whitehaven Beach, una delle spiagge più belle del mondo. La scopri a poco a poco, arrivando: il mare da blu diventa più chiaro e la costa, ricca di vegetazione, lascia spazio a lingue di sabbia silicea che si intersecano con il mare creando paesaggi irreali che cambiano forma e colore in continuazione seguendo le maree…fino a diventare una spiaggia enorme, la spiaggia più bianca che io abbia mai visto, bianca accecante... Lì ho fatto il bagno con 5 razze che mi nuotavano a fianco nell’acqua cristallina, solo io e loro, perché per fortuna, l’isola non è abitata, e i pochi passeggeri che arrivano con le escursioni si disperdono sulla costa.
Purtroppo nell'isola vicina c'è stato un incendio, già domato ma che comunque produce ancora una notevole quantità di fumo che oscura il cielo e falsa i colori nelle foto. Comunque la bellezza del mare si capisce ugualmente, almeno credo!

Whitehaven Beach





Fraser Island

Da Brisbane, in auto raggiungiamo River Heads, da cui ci si imbarca per Fraser Island. Durante il viaggio scopriamo che ai lati della strada, oltre ai cartelli delle indicazioni stradali, ce ne sono altri che propongono quiz per tener desta l’attenzione. Rispondiamo alle domande e aspettiamo il cartello successivo per controllare se abbiamo dato la risposta corretta. In effetti le distanze sono importanti e le strade abbastanza monotone, quindi il giochino ha una ragione d'essere.
Prendiamo il traghetto lasciando la macchina a River Heads perché non si possono portare veicoli a Fraser Island, e  intanto leggiamo i comportamenti da tenere con i dingo, un cane selvatico che può anche essere aggressivo; la popolazione presente su Fraser è pura e quindi, per preservarla, non permettono ad altri cani di accedere all’isola. 
Raggiungiamo l'hotel con un trenino che percorre le poche strade presenti giusto in tempo per prendere possesso della stanza e, poiché la sera cala rapidamente, ci affrettiamo a raggiungere la spiaggia per il tramonto, che qui è veramente uno spettacolo… mare praticamente fermo, barche ancorate, pontile che si protende nel blu e, sullo sfondo, la costa australiana. E poi è tutto un succedersi di sfumature che tendono sempre più al rosso e al blu scuro man mano che il crepuscolo cede il passo alla notte…



Dingo 

A Fraser Island non esistono strade, ma solo sentieri sabbiosi da percorrere con mezzi appositi, quindi le gite si fanno in comitiva. Raggiungiamo la costa su un pullman con ruote giganti. La vegetazione, foltissima e ricca di altissime felci arboree, a mano a mano si dirada per lasciare spazio alle dune di sabbia. 


Scendiamo un po’ provati, ma la vista della 75 miles drive ci ripaga del “frullamento” precedente. E’ una spiaggia enorme che, maree permettendo, funge da autostrada, con le macchine che la percorrono e piccoli aerei che la utilizzano come pista di partenza e atterraggio. E poi, al largo, ci sono le balene, coi loro getti d’acqua e le loro schiene lucide. 

                                             75 Miles drive

Più avanti troviamo il relitto della motonave Maheno, inquietante eppure bellissimo. La ruggine colora di rosso alcune parti, mentre il resto è scuro, quasi nero o ricoperto di conchiglie e concrezioni calcaree. Mi affascina. Penso alla sua storia, alle feste che deve aver visto quando, agli inizi del 1900, era un’elegante nave passeggeri e poi a quanti feriti ha trasportato come nave ospedale durante la prima Guerra Mondiale, per finire i suoi giorni nel 1935 scaraventata da un ciclone sulle coste di Fraser Island mentre veniva trainata in Giappone per essere demolita.

Maheno Shipwreck



Più avanti, ci sono i Pinnacles Coloured Sands, le montagne di sabbia colorata in netto contrasto con la sabbia bianca della spiaggia, altra meraviglia


e un po' oltre, il lago Mckenzie, circondato da sabbia silicea dove, volendo, si può fare il bagno. 


Ma questa volta io “passo”, complice un cielo nuvoloso che non mi invoglia e il pensiero che tra poco raggiungerò la Polinesia..

Parte 3: Auckland

Lasciata Fraser Island, ritorniamo in auto a Brisbane e da lì volo per Auckland, ultima tappa un po' freddina prima di approdare in Polinesia.
Ci stiamo solo due giorni, giusto il tempo per girare un po' la città. Saliamo sulla Sky Tower, peccato che il tempo sia bruttino, quindi il panorama era poco limpido. Da lassù i più coraggiosi (non io) possono fare lo Skyjump, un lancio di 192 metri nel vuoto..

Sky Tower                                          Pronti per il salto


Ah, anche ad Auckland si festeggia Christmas in July! sotto la Sky Tower c'erano queste cupole di vetro con ambientazioni nella neve, per la gioia dei bambini


Siamo scesi al Porto Turistico, dove, in un Oyster Bar non mi sono fatta mancare le ostriche di Bluff (località marittima della Nuova Zelanda): sono pregiatissime, si pescano da marzo fino ad agosto, ce ne sono pochi esemplari e sono super squisite! 

E ovviamente non ci siamo persi  l'Auckland War Memorial Museum la cui parte sui Maori, è stata veramente interessante 



Parte 4: Melbourne

La città è effervescente, i cieli sono azzurri con nuvole che si muovono veloci perché il vento soffia forte, la gente è in giro in maglietta, maglione, giacchetta, cappotto (sempre detto che la percezione della temperatura atmosferica è molto soggettiva!), un sacco di gente, per lo più giovane. Tornando dalla Polinesia, non ero più abituata a tutta questa umanità. L’impressione è che siano tutti molto tranquilli, non si corre, tanto che il guidatore dell’autobus che ci porta dall’aeroporto in città, alle varie fermate si presta a spiegare la strada a chi scende, cartina alla mano. Ma dove lo trovi un driver di mezzi pubblici così disponibile? Poi scopro che Melbourne è stata nominata per sette anni consecutivi (fino al 2017) "città più vivibile al mondo" secondo la classifica stilata da The Economist. Ecco!
Scopriamo che nella zona centrale si può salire e scendere dai vari tram senza pagare, una voce avvisa quando si sta per uscire dalla ‘free-zone’ e quindi o si scende, o si paga. Praticamente giriamo per il centro senza mai spendere un euro!

Lo skyline è un mix di grattacieli moderni e case antiche, anche se forse antiche non è proprio la parola giusta per noi che in Italia siamo abituati a vere antichità! Qui tutto ciò che è del 1800 è considerato antico, dato che la città è stata fondata nel 1835!





Case "antiche"



Flinders Station 

I vicoli che collegano le arterie maggiori sono una galleria d’arte a cielo aperto. Spazio a writer noti (come Banksy o Keith Haring) o sconosciuti che possono dipingere muri e anche i cassonetti dell’immondizia, così tutto diventa una macchia di colore.





                     

                       


Saliamo allo Skydeck, l’immancabile torre da cui godersi il panorama sulla città e sul fiume Yarra, e questa volta decidiamo di andarci per il tramonto. Uno spettacolo!


Vista dallo Skydeck



Fiume Yarra

Mi piace questa città giovane, anche se il vento mi sferza la faccia e mi fa alzare il cappuccio della giacca, e poi ci sono tantissimi ristoranti, che offrono tutte le cucine possibili, che siano dei goderecci questi melbourniani (? si dirà così?) Mi adeguo e cerco di assaporare e godere di quanto mi circonda, quanto più posso.

Considerazioni


Il nostro è stato "un assaggio" del continente australiano, infatti manca ancora quasi tutto da vedere. A volte abbiamo peccato di ottimismo, ad esempio pensavamo di riuscire ad andare a vedere i Twelve Apostles che sembravano vicini a Melbourne, ma in realtà non sono poi così vicini, sono 3 ore di viaggio per andare e altrettante per tornare, quindi abbiamo rinunciato.
 
Quel che è certo è che è un paese giovane, si è circondati da ragazzi e questo, per chi è abituato a vivere in Italia, dove la maggior parte della popolazione è anziana, è una carica di vitalità. 

Il prossimo viaggio sarà dedicato solo all'Australia e così riuscirò a essere un po' più soddisfatta dei miei ricordi down under.
































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