UNA SETTIMANA A MAURITIUS
Agosto 2022
Partiamo da Malpensa verso Mauritius, con stop a Dubai.
Il nostro albergo è piccolo ma molto carino, nella zona di Trou aux Biches. L'avevamo scelto con attenzione perché detestiamo gli hotel grandi.
Noleggiamo un'auto in una botteguccia di 2mq il cui gestore ci riceve sdraiato su un divanetto coi piedi appoggiati allo stipite della porta… ci sarà da fidarsi? E si, ci si può fidare perché il tipo si rivela molto sveglio, chiaro e puntuale nella consegna. 1500 rupie = 30€ al giorno per 5 giorni di noleggio.
Si guida a sinistra e, ovviamente, dopo un inizio in cui facciamo partire sempre il tergicristallo invece delle frecce, prendiamo la mano e puntiamo a Nord.
Prima esplorazione
Decidiamo di muoverci di buon'ora perché abbiamo un percorso preciso da seguire: vogliamo muoverci descrivendo un anello in senso orario toccando Gran Baie, Cap Malhereux poi all'interno verso Sud per raggiungere il Château de Labourdonnais e a seguire il Giardino Botanico di Pamplemousses per finire con Port Louis tornando verso Nord al nostro hotel e chiudendo così gli spostamenti odierni.
La prima tappa è Gran Baie, sarà il cielo grigio ma non ci attira...
Proseguiamo verso Cap Malhereux (Capo Sfortunato o Capo Infelice)con la sua chiesina dal tetto rosso (e intanto il cielo diventa blu, gioia!).
La motivazione del nome esiste, eccome. Anzi ce ne sono addirittura due.
La prima è che Cap Malheureux, posto all’estremità nord, è stato luogo nei secoli passati di una lunga sequenza di naufragi, causati dalle onde, dalle tempeste e dai cicloni che spesso colpiscono queste isole con grande violenza nella stagione estiva (il nostro inverno).
La seconda è storica. Dopo i Portoghesi e gli Olandesi, a cui si deve la scomparsa del Dodo, l’innocuo grande pollo che trovarono talmente buono da causarne l’estinzione per scopi alimentari, nel 1715 sull’isola arrivarono i Francesi. Questi decisero di rimanervi stabilmente, tanto che la chiamarono Ile de France, e grazie al governatore Bertrand Francois Mahé de Labourdonnais, vi impiantarono i primi zuccherifici ed una rete stradale. Alla fine del settecento l’isola era un fiorente centro di coltivazione e lavorazione della canna da zucchero, grazie anche a circa 70.000 schiavi africani, ma anche rifugio di pirati e corsari attivi soprattutto contro i commerci britannici.
Durante le guerre napoleoniche gli inglesi decisero di porre fine a molte colonie francesi nel mondo. La conquista dell’isola poteva chiaramente portare a diversi obiettivi: una nuova conquista territoriale per l’Impero, grandi ed avviate piantagioni e la fine delle scorrerie piratesche. I britannici attaccarono quindi i Francesi nel sud dell’isola, ma vennero incredibilmente sconfitti. Alcuni mesi dopo ci riprovarono a nord, dove le difese erano minime: a Cap Malheureux, conquistando l’isola che prenderà il nome di Mauritius. Il Capo Sventurato sarebbe quindi quello della sconfitta e dell’invasione.
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| Chiesa di Notre Dame Ausiliatrice a Cap Malhereux |
Proseguiamo la nostra esplorazione verso il Château de Labourdonnais e passiamo vicino ad un tempio indù, Sri Draubadi Ammen Temple, coloratissimo, da cui proviene una musica forte e ritmata. Ovviamente ci fermiamo a curiosare: si sta celebrando un matrimonio. Sono tutti elegantissimi e le donne splendide (c'è da dire che ho una passione per i sari)
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| Sri Draubadi Ammen Temple |

Il Châteaux De Labourdonnais, è una casa colonica splendida. Il proprietario, Christian Wiehe, arrivato al massimo del suo stato sociale, decise di costruire una casa che lo rappresentasse, cosi tra il 1856 e il 1859 ne seguì meticolosamente la costruzione, ricercando i migliori materiali e migliori artigiani sia nazionali che internazionali e creando questa dimora veramente curata in ogni particolare. Oggi, dopo una ristrutturazione, si presenta con le sale in perfetto ordine, i parquet lucidissimi e gli arredi originali in perfetto stato. Il porticato è uno spettacolo, come la ringhiera che lo circonda. La casa è ovviamente immersa in un giardino con piante centenarie. Certo che vivere in epoca coloniale in un posto così era una vera figata! Adesso si può pranzare nel loro ristorante, in cui la cucina è curata dallo Chef Fabio de Poli, coltivano canna da zucchero, producono rum e vendono cose stupende alla loro boutique (ma ovviamente sono molto care).
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| Viale di ingresso al Châteaux De Labourdonnais |
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| Châteaux De Labourdonnais |
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| Veranda al pian terreno |
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| Sala da pranzo |
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| Sala da pranzo |
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| Balaustra che circonda le verande |
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| Studio |
Tappa successiva è il Giardino Botanico di Pamplemousses.
Questa oasi verde nasce nella prima metà del Settecento e all'epoca consiste in un appezzamento coltivato a frutta e verdura che serve Mon Plaisir, ovvero la residenza del governatore Bertrand-François Mahé de La Bourdonnais, e rifornisce le navi in rotta verso le Indie. Ma è grazie a Pierre Poivre, intendente dell'isola dal 1767, che il giardino inizia a prendere la sua forma attuale e viene arricchito di specie, sia autoctone che provenienti da altri paesi. Impressionanti sono in particolare le Victoria amazonica (ninfee giganti originare dell'America meridionale): le foglie possono raggiungere i tre metri di diametro e i fiori sbocciano bianchi per poi assumere una colorazione rosa, ma si possono anche trovare circa un'ottantina di specie di palme.
In questo luogo si fermavano 2 giorni per venire registrati, ricevere i documenti e per essere visitati e vaccinati prima di andare a destinazione nelle piantagioni.
Il 70% dell’attuale popolazione mauriziana discende da questi ‘quasi schiavi’.
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| Registro degli arrivi |
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| Port Louis |
Verso Sud - La Maison Eureka e Le Morne
Altro gioiellino imperdibile, è la Maison Eureka, una casa coloniale del 1830, meno sfarzosa del Châteaux De Labourdonnais, tenuta meno bene, ma molto d’impatto. Si trova in una zona selvaggia, sotto una montagna di tutto rispetto, il Monte Ory, e con un sentiero scivoloso che ho affrontato con le infradito (del resto le avevo anche nella giungla di Tikal😂) e scende nella foresta portando a due cascate del fiume Moka, una delle quali veramente bella.
Mr Carr, un aristocratico inglese, scelse questa location perché vicina alla residenza del governatore generale a Le Réduit. Costruita quasi completamente con ebano e mogano (legname locale), è particolare per le sue 109 porte e finestre (non le ho contate tutte, mi son fidata di quello che hanno detto) che permettevano una ventilazione incredibile.
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| Maison Eureka |
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| Cascate sul fiume Moka |
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| Vegetazione attorno alla casa |
Sparse sui tavoli c'erano anche tantissime foto, non protette e piuttosto polverose, (ma - mi chiedo - non è un peccato lasciarle lì, così a disposizione di tutti, col rischio che si possano rovinare?) che ritraevano momenti di vita dei padroni di casa. Mi sarei fermata ore a guardare, ma il tempo passava e la nostra meta successiva ci stava aspettando.
Lasciamo la Maison Eureka e procediamo verso Sud arrivando ai piedi di quella montagna “fiera” che è Le Morne, a respirare la libertà.
Siamo fortunati, una giornata da sballo, sì, perché al sud non sempre è bello, anzi spesso piove, soprattutto durante il loro inverno (che è questo).
Le Morne è luogo splendido dal punto di vista naturalistico con una storia toccante.
E'un roccione basaltico alto 556m, imponente sulle spiagge bianchissime che ci sono ai suoi piedi. La zona è selvaggia se si esclude un pezzo di costa (che è alla fine della strada e quindi non si vede, per fortuna) in cui sono stati costruiti i vari Beachcomber, Sheraton ecc ecc.
E'un roccione basaltico alto 556m, imponente sulle spiagge bianchissime che ci sono ai suoi piedi. La zona è selvaggia se si esclude un pezzo di costa (che è alla fine della strada e quindi non si vede, per fortuna) in cui sono stati costruiti i vari Beachcomber, Sheraton ecc ecc.
Le Morne è un simbolo per i Mauriziani perché in passato, nelle sue caverne, ha offerto riparo a molti schiavi fuggiti dalle piantagioni e non solo. In quest’isola, infatti, si fermavano le navi cariche di schiavi da vendere e chi riusciva a fuggire si rifugiava qui e diventava un “Maroon slave”, uno schiavo che tornava alla vita selvaggia pur di essere libero.
Si narra che, quando fu abolita la schiavitù, alcuni soldati inglesi furono mandati qui per avvisare i fuggitivi che erano liberi, ma molti di loro, per paura ed incredulità, si buttarono dalla cima preferendo morire piuttosto che andare incontro alle pene previste per i fuggitivi. Per questo è diventato simbolo di libertà e di resistenza all’oppressione.
E il mare lí sotto è uno spettacolo di trasparenze e diverse tonalità di azzurro.
Facciamo un bagno bellissimo e poi cerchiamo disperatamente la strada per raggiungere le Terre dei 7 colori, dune di sabbia la cui peculiarità è quella di presentarsi con sette diverse colorazioni derivanti dalla presenza di ferro e alluminio nel terreno (rosso, marrone, viola, verde, blu, porpora e giallo). Ma la strada principale è chiusa, cerchiamo alternative che ci permettano di raggiungerle, ma i cartelli ci informano che non abbiamo chance, la strada fattibile è solo una e ci costringerebbe a fare una deviazione troppo lunga, non ci stiamo nei tempi, dobbiamo abbandonare l’idea. Mi spiace da matti…
Rientriamo a casa, senza passare da Pt Louis, ma arriviamo comunque che è già quasi buio, con un tramonto da sballo!
Ci sono montagne molto belle a Mauritius, hanno forme riconoscibili e, a parte Le Morne, due mi hanno colpito. La prima, Pieter Both Mountain, per quel buffo masso in bilico sulla punta. Da lontano sembra che qualcuno ti stia controllando dall'alto! La seconda, il Piton de la Petite Rivière Noire, è la più alta dell'isola. Da certi punti, sembra un Cervino più piccolo, verde.
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| Pieter Both la seconda montagna di Mauritius |
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| Piton de la Petite Rivière Noire, prima vetta di Mauritius |

Considerazioni
Posto che siamo venuti in agosto, che non è propriamente la stagione migliore (bisognerebbe tornarci tra ottobre e novembre, così ci hanno suggerito i locali), posso dire che col tempo siamo stati fortunati. Il sole è caldissimo, ma non dà mai noia perché le nuvole vanno e vengono e spesso interrompono brevemente l’insolazione.
Mai fidarsi delle previsioni perché cambiano in un nano-secondo, quindi mai essere affranti se ci si sveglia con la pioggia perché nel giro di poco se ne potrebbe andare.
La sera fa fresco e dormire con il piumino leggero è un godimento che nelle nostre estati, a volte, si rimpiange.
Non ci sono meduse e si nuota tranquilli senza necessità di un amico che faccia da vedetta.
La temperatura dell’acqua è giusta, né fredda da farti rabbrividire, né calda da non darti sollievo se vuoi rinfrescarti
I mauriziani sono gentili e socievoli. Chiacchierano volentieri e anche quando vogliono venderti qualcosa non sono mai insistenti.
La cucina è intrigante, un mix di sapori che si giustifica nel melting pot che è la sua popolazione con le abitudini alimentari di ognuno importate qui e piacevolmente mescolate.
Il rum è ottimo.
I tramonti sono da sballo e la sera non c’è nulla da fare se non chiacchierare e guardare il cielo dell’emisfero sud tra le foglie di palma.
Ho ancora un sacco di cose da fare e da vedere qui quindi, DEVO tornare.







































